![Rito_degli_Esorcismi](https://www.liberidalmale.it/wp-content/uploads/2017/09/Rito_degli_Esorcismi.jpg)
Il perdurare della crisi economica, la pandemia, un diffuso senso di incertezza e solitudine che non accenna a placarsi. Sono diversi gli elementi che stanno contribuendo ad aumentare il numero di persone che ritengono di essere vittime di entità demoniache. La visita a un parroco specializzato in pratiche di “liberazione” viene ritenuta, nella maggioranza dei casi, l’ultima possibilità per riuscire a risolvere quei malesseri non meglio identificati che rovinano la vita. Ma quanti sono gli esorcisti, i parroci destinati a questa pratica? L’ultimo progetto di ricerca presentato al XVI corso sull’esorcismo nel maggio 2022, fornitoci dal Gris ((gruppo di Ricerca e Informazione Socioreligiosa), rileva che la maggiore diffusione è in Italia, 290 per 190 diocesi, seguita dalla Spagna che ha 37 esorcisti su 70 diocesi, la Francia con 32 su 104 diocesi, Polonia 22, Inghilterra con 16, Svizzera 10, Irlanda 9 e infine Scozia 3. Negli Stati Uniti su 196 diocesi contattate gli esorcisti dichiarati sono 11. Abbiamo intervistato Monsignor Gabriele Foschi chiamato a svolgere la funzione di esorcista a Sarsina, in provincia di Forlì-Cesena per capire quale sia oggi la dimensione di questo incarico.
Come nasce un esorcista? C’è un percorso, degli studi che accompagnano questo ruolo così particolare?
Quando sono stato chiamato a svolgere questo ministero non ero molto preparato, non c’era formazione, non vi erano corsi, poco alla volta, soprattutto attraverso la lettura, ho cercato di istruirmi per essere all’altezza del mio compito. Avendo iniziato a praticare negli anni 2000 non esistevano ancora il Gris, l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, l’Associazione Nazionale degli Esorcisti, dove adesso è possibile confrontarsi con altri parroci su tematiche inerenti l’approfondimento delle linee guida per il ministero dell’esorcistato, dell’accompagnamento spirituale dei fedeli che chiedono la liberazione dal maligno. Ho comunque interrotto l’attività per alcuni anni, il Vescovo, in seguito, per motivi di ordine pastorale, mi ha richiamato e adesso sto alternando l’impegno di esorcista con altri parrocchiali. Il mio ruolo consiste essenzialmente nell’ascolto dell’altro.
Ci vuol raccontare cosa sta accadendo?
Dopo la pandemia abbiamo rilevato nelle persone una maggiore fragilità soprattutto di carattere spirituale, legato a instabilità e paura in particolar modo negli anziani. Esiste un aumento a livello quantitativo di soggetti che sentono la necessità di confrontarsi con un parroco che effettui anche questo tipo di pratiche.
Queste persone sono realmente possedute?
La dimensione di possesso è davvero rara, più che altro ci troviamo di fronte a individui che vivono una realtà depressivo psicologica, che a sua volta diventa un terreno in cui si radicano ossessioni e vessazioni. Chi è colpito da vessazione si sente continuamente bersaglio di avversità legate a accadimenti. Chi invece si deve confrontare con l’ossessione, ha una dimensione più spirituale e il fenomeno della fragilità psicologica viene amplificato da un intervento soprannaturale. Le possessioni dove il demonio interviene per cancellare la personalità in quel preciso momento per fortuna non sono così diffuse.
Quanti casi di possesso ha incontrato nel corso del suo ministero?
Ho assistito a queste manifestazioni, ma si contano sulle dita delle mani. Talvolta gli episodi si ripetono nel tempo, anche nell’arco di dieci dodici anni, interessando la stessa persona. Gli interventi devono essere reiterati poiché possono esserci delle ricadute.
Quali sono le manifestazioni che si presentano durante un esorcismo?
Quelli che riscontro con maggiore frequenza sono disturbi compulsivi che colpiscono la stabilità. Si assiste a fenomeni convulsivi, a reazioni di dissenso rispetto a ciò che si vuole imporre, spesso attraverso urla epiteti, rifiuto alla preghiera, rabbia violenta. In alcuni casi anche di leggera lievitazione, uso di lingue sconosciute o rivelazione di fatti o situazioni di cui l’individuo non poteva essere a conoscenza.
Perché si sceglie di rivolgersi a un sacerdote piuttosto che un terapeuta?
Credo che si abbia paura di una diagnosi, sotto certi aspetti essere considerati indemoniati è meglio che essere considerati instabili mentalmente e magari dover seguire percorsi specifici. La paura di doversi sottoporre a terapie, è sicuramente uno degli aspetti che riduce l’incontro con un terapista.
Attraverso la sua esperienza ha notato miglioramenti nei suoi assistiti?
Nell’immediato sicuramente, c’è un benessere, un ritorno della fiducia, ma questo stato è transitorio non si riesce solo attraverso il dialogo a scendere in profondità, non è possibile giungere alla radice del problema.
Quante persone si rivolgono a lei?
Io ricevo una volta a settimana dalle dieci alle venti persone che annualmente si traducono all’incirca in un migliaio. Molte fra queste provengono anche dall’estero, in prevalenza donne, direi su base percentuale il 65% rispetto agli uomini senza distinzioni legate all’età.
Come si rivolge a loro?
Cerco di instaurare con ogni persona che incontro un dialogo per poter cogliere l’essenza della sua richiesta d’aiuto, offrendogli all’occorrenza una benedizione. Questi soggetti hanno perso la solidità affettiva, cerco di venire loro incontro con passione, di alleviare le loro sofferenze.
fonte : lavocedinewyork