LO SPIRITO SANTO

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Dal libro del (11,1-3)

Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse,
un virgulto germoglierà dalle sue radici.
Su di lui si poserà lo spirito del Signore,
spirito di sapienza e di intelligenza,
spirito di consiglio e di fortezza,
spirito di conoscenza e di timore del Signore.
Si compiacerà del timore del Signore.

Nell’originale ebraico, si nota che di doni ne erano nominati solo sei, mancava appunto la pietà. Quando venne preparata la versione greca chiamata dei 70 (circa un secolo prima di Cristo), fu introdotta anche la pietà, eliminando dal testo “isaiano” la ripetizione “timore del Signore”, in quanto nella lingua greca il termine timore di Dio non rendeva la pienezza di significati del corrispondente ebraico. La stessa variazione avvenne anche nella versione dalla Volgata.

Il NT presenta il concetto della pietà utile a tutto: “Esercitati nella pietà, perché l’esercizio fisico è utile a poco, mentre la pietà è utile a tutto, portando con sé la promessa della presente come di quella futura. Certo questa parola è degna di . Noi infatti ci affatichiamo e combattiamo perché abbiamo posto la nostra speranza nel Dio vivente, che è il salvatore di tutti gli uomini, ma soprattutto di quelli che credono. Questo tu devi proclamare e insegnare” (1Tm 4,8-11).
La pietà è una caratteristica inalienabile della personalità dell’uomo di Dio come leggiamo nella a : “Ma tu, uomo di Dio, fuggi queste cose; tendi alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla pazienza, alla mitezza” (1 Tm 6,11).
Inoltre continua l’apostolo: “la sua potenza divina ci ha fatto dono di ogni bene per quanto riguarda la pietà” (2 Pt 1,3): riferendosi ovviamente in modo esplicito al dono dello Spirito che viene a perfezionare la virtù di : il dono della pietà.

Cominciamo dalla lettera a Timoteo: “Se qualcuno insegna diversamente e non segue le sane parole del Signore nostro Gesù Cristo e la dottrina secondo la pietà, costui è accecato dall’orgoglio, non comprende nulla ed è preso dalla febbre di cavilli e di questioni oziose. Da ciò nascono le invidie, i litigi, le maldicenze, i sospetti cattivi, i conflitti di uomini corrotti nella mente e privi della verità, che considerano la pietà come fonte di guadagno. Certo, la pietà è un grande guadagno, congiunta però a moderazione! Infatti non abbiamo portato nulla in questo mondo e nulla possiamo portarne via. Quando dunque abbiamo di che mangiare e di che coprirci, contentiamoci di questo. Al contrario coloro che vogliono arricchire, cadono nella , nel laccio e in molte bramosie insensate e funeste, che fanno affogare gli uomini in rovina e perdizione. L’attaccamento al denaro infatti è la radice di tutti i mali; per il suo sfrenato desiderio alcuni hanno deviato dalla fede e si sono da se stessi tormentati con molti . Ma tu, uomo di Dio, fuggi queste cose; tendi alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla pazienza, alla mitezza. Combatti la buona battaglia della fede, cerca di raggiungere la vita eterna alla quale sei stato chiamato e per la quale hai fatto la tua bella professione di fede davanti a molti testimoni” (1Tm 6,3-12).
Questo bellissimo brano, pieno di indicazioni concrete, si spiega ancora meglio alla luce della lettura del primo capitolo della lettera a Tito: “Paolo, servo di Dio, apostolo di Gesù Cristo per chiamare alla fede gli eletti di Dio e per far conoscere la verità che conduce alla pietà ed è fondata sulla speranza della vita eterna, promessa fin dai secoli eterni da quel Dio che non mentisce, e manifestata poi con la sua parola mediante la predicazione che è stata a me affidata per ordine di Dio, nostro salvatore, a Tito, mio vero figlio nella fede comune: grazia e pace da Dio Padre e da Cristo Gesù, nostro salvatore” (Tt 1,1-4).
Con la frase “per far conoscere la verità… “, Paolo utilizza una formula che nelle lettere pastorali si riferisce alla verità rivelata da Dio stesso.
Questo tipo di conoscenza viene opposta alla cosiddetta scienza insegnata dai falsi dottori. La frase si conclude “… che conduce alla pietà”dove qui l’eusébeia (in greco) significa “pietà” e “rispetto”, cioè un retto comportamento nei riguardi di Dio e della società umana. Questo è un requisito essenziale richiesto dalla rivelazione divina.
Come esiste la pietà, esiste pure il suo contrario: l’empietà, vista come sclerocardia, durezza di cuore, una situazione in cui il credente può cadere, come ha avvertito più volte Gesù, rimproverando addirittura Dodici questa patologia: “Ma non capite? Avete il cuore indurito?” (Mc 8,17-21). Cuore indurito o “cuore calloso” è il cuore che ha perso la sensibilità, che non sente più, non vibra più alla voce di Dio che è tenue come una brezza.
È il cuore che ha perso slancio, motivazioni, che è diventato cinico, insensibile.
Quali sono gli atteggiamenti da fuggire per non cadere nell’empietà?
Ce li descrive San Paolo nella sua lettera a Timoteo mettendoci in guardia: “Devi anche sapere che negli ultimi tempi verranno momenti difficili. Gli uomini saranno egoisti, amanti del denaro, vanitosi, orgogliosi, bestemmiatori, ribelli ai genitori, ingrati, senza religione, senza amore, sleali, maldicenti, intemperanti, intrattabili, nemici del bene, traditori, sfrontati, accecati dall’orgoglio, attaccati ai piaceri più che a Dio, con la parvenza della pietà, mentre ne hanno rinnegata la forza interiore. Guardati bene da costoro!” (2Tm 3,1-5)
Ed è sempre San Paolo che ci indica cosa fare, quale atteggiamento assumere per rimanere in uno stato di attesa e di speranza riguardo al ritorno di Cristo: “E’ apparsa infatti la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini, che ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo, nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo” (Tt 2,11-13).
Quando Paolo scrive “… che ci insegna …” si riferisce a Dio stesso.
E’ Lui che compie, nello Spirito Santo, per i credenti, ciò che era considerato di grande importanza nella società greco-romana, la vera educazione (paidéia). Questa si contrappone alla “empietà”, il vizio opposto alla pietà – lealtà – devozione (eusébeia), e contemporaneamente promuove uno stile di vita perfettamente virtuoso (le tre virtù cardinali della moderazione, della giustizia e della pietà rappresentano le virtù in generale).
Al termine di questa sessione ascoltiamo cosa scrive Paolo, prima ai Galati e poi ai Romani: “E che voi siete figli ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre!” (Gal 4, 6). “Tutti quelli infatti che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio. E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: Abbà, Padre. Lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio” (Rm 8,14-16).
Le parole dell’apostolo Paolo ci ricordano che dono fondamentale dello Spirito è la grazia santificante (gratia gratum faciens), insieme alla quale si ricevono le virtù teologali: fede, speranza e carità, e tutte le virtù infuse (virtutes infusæ), che abilitano ad agire sotto l’influsso dello stesso Spirito. Nell’, illuminata dalla grazia celeste, tale corredo soprannaturale è completato dai doni dello Spirito Santo.
A differenza dei carismi, che sono concessi per l’altrui utilità, questi doni sono offerti a tutti, perché ordinati alla santificazione ed al perfezionamento della persona.

“Spirito Santo intercedi per me secondo i disegni di Dio”. Amen.

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